EDIT Napoli, la nuova fiera dedicata al design
È stata presentata a Napoli il 5 ottobre la prima manifestazione dedicata al Design Editoriale. Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli, ideatrici del progetto, ci accompagnano alla sua scoperta
Edit, come “editore”, ma potrebbe anche essere un nome di donna… la fiera, infatti, è nata due anni fa dall’iniziativa, dall’entusiasmo e dalla passione comuni di due donne.
Con queste parole Emilia Petruccelli, imprenditrice e gallerista romana, introduce e presenta EDIT Napoli la sera del 5 ottobre, nell’affascinante giardino di Palazzo Mondragone, a Napoli. Accanto a lei, Domitilla Dardi, curatrice d’arte e di design, ma soprattutto sua compagna di viaggio in questa avventura napoletana. È Domitilla che mi racconta i tre progetti esposti in occasione della presentazione della fiera, che avrà luogo, sempre a Palazzo Mondragone, dal 6 al 9 giugno 2019.
EDIT Napoli sarà una fiera dedicata al mondo del design, ma nasce per essere molto diversa dalle fiere a cui è abituato chi lavora nel settore. Ecco quelle che ho colto come le fondamenta sopra le quali è stato imbastito e costruito il progetto della fiera:
Interdisciplinarità
La sua prima evidente caratteristica innovativa riguarda l’interdisciplinarità, che non vuol dire solo intrecciare e far dialogare discipline diverse, design e artigianato in questo caso, ma anche e soprattutto connettere professionalità e persone provenienti da luoghi molto distanti. Ecco perché Napoli, quindi, come sede ideale, per la sua tradizionale internazionalità e capacità di accogliere.
Scouting
La conoscenza del mondo del design, ma forse ancora di più, la capacità di andare oltre i confini del mondo conosciuto, per individuare, avvicinare e conoscere designer emergenti, è la dote, non scontata, che unisce le ideatrici e curatrici della mostra. Il percorso professionale di Emilia, laureata in ingegneria elettronica, comincia in ambito amministrativo e finanziario, per poi approdare, nel 2008, all’apertura di una sua galleria, il MIA di Roma, che oggi ha sede anche a Saint Tropez in Francia, dove propone oggetti di designer di nicchia, artigiani e vintage di qualità, spesso trovati viaggiando per il mondo intero. Si tratta di un luogo inedito per la città – mi spiega Domitilla – la scommessa di Emilia, infatti, è stata quella di intercettare le esigenze di gusto delle nuove generazioni. Domitilla, storica dell’arte, ha concentrato i suoi studi sulla storia del design: insegna allo IED di Roma, dal 2010 cura la sezione Design del museo MAXXI-Architettura e ha pubblicato per Electa, Federico Motta e altri editori.
È proprio il lavoro di ricerca che ci affascina del mondo del design – prosegue Domitilla – e le storie che ci sono dietro. Noi vogliamo che in questa fiera ci sia la possibilità, non solo di guardare e toccare gli oggetti, ma anche di conoscere e avvicinare il racconto umano che ha portato alla realizzazione di quella determinata opera.
Residenze
EDIT Napoli, non sarà, quindi, solo un evento legato ai giorni della manifestazione, ma prevede delle esperienze residenziali ideate con l’intento di promuovere il territorio e mettere in connessione le maestranze locali con i designer emergenti selezionati. Ogni anno, perciò, nei mesi precedenti la fiera viene avviato il programma Design in Residence, coordinato e organizzato da Giusy Ciaccio, grazie al quale designer di fama internazionale sono invitati a vivere e lavorare con alcuni maestri artigiani campani.
La prima esperienza di Design in Residence ha visto la partecipazione di:
- Faberhama, il duo italiano di base ad Amsterdam che ha collaborato con De Negri & Za.Ma, storica manifattura tessile di San Leucio, località nel casertano, dove nel ‘700 era sorta Ferdinandopoli, una città utopica assegnata ai ragazzi che, in cambio di un’abitazione e istruzione, avevano il compito di imparare a lavorare al telaio.
- Kahled El Mays, di Beirut, si è confrontato con l’abilità tecnica e la forte identità degli artigiani dei Quartieri.
- Reinaldo Sanguino, designer venezuelano che vive a New York, ha aggiunto un tono audace alla produzione ceramica del laboratorio Fes di Minori, sulla costiera amalfitana.
Prodotti (non prototipi)
Ed è qui che entra in gioco il concetto di Design Editoriale, legato proprio all’azione concreta dell’editare, cioè di pubblicare un’opera (un prodotto, un oggetto) che risponda, in tutto il suo processo creativo e produttivo, a determinati valori: in questo caso i designer, le aziende e gli artigiani coinvolti, sono stati chiamati a fondere idee e modalità contemporanee ai saperi antichi del fare. I progetti nati dalle esperienze residenziali dello scorso settembre, saranno prodotti e commercializzati con il marchio Made in EDIT. Domitilla, infatti, mi spiega che:
lo sforzo più grande è e sarà, nei prossimi mesi, quello di non proporre oggetti allo stadio di prototipo, come succede quasi sempre nei settori delle fiere dedicati ai giovani designer, ma di raggiungere il pubblico con prodotti concreti, per i quali è già stato studiata e resa operativa la filiera produttiva: il nostro non vuole essere una fiera-mostra, ma una fiera di servizio, orientata al business.
Un’ultima curiosità: e i prezzi – chiedo?
Sono prodotti interamente artigianali, realizzati con tecniche sofisticate e materiali di altissima qualità, di certo – spiega la curatrice – non possono essere paragonati agli oggetti di design di produzione industriale, ma la nostra idea è comunque quella di renderli accessibili e non orientati solo a raggiungere un pubblico di collezionisti. Buyer, interior designer, architetti e retailer troveranno a EDIT Napoli proposte originali a prezzi giusti.
I progetti presentati
Tornando all’evento del 5 ottobre, la presentazione della fiera è stata l’occasione per esporre i tre progetti realizzati durante la prima esperienza di Design in Residence:
Scenaria del duo Fabrhama realizzato in collaborazione con De Negri & Za.Ma. Una trama ordita che racconta una storia antica e contemporanea, dove non esiste un lato privilegiato e che potrebbe, con il semplice gesto di aggiungere un tessuto, trasformare completamente uno scenario domestico, come una stanza di un hotel.
La collezione Scale di Khaled El Mays realizzato con gli artigiani dei Quartieri. Il tessuto urbano che ha accolto Khaled, caratterizzato da un codice linguistico vicino alla sua cultura di appartenenza, è stato interpretato con il simbolo architettonico delle scale, che si aprono e si scoprono in ogni angolo dei quartieri del centro storico. Il risultato sono oggetti di uso quotidiano, dall’appendiabiti al tavolino, dal tavolo da pranzo alla consolle.
La serie Minori di Reinaldo Sanguino con Ceramiche Fes. Il ceramista venezuelano, invitato in una residenza sulla costiera amalfitana, si è avvicinato alla tecnica ceramica autoctona e millenaria dei maestri artigiani locali. L’esperienza nel suo insieme, completata da sollecitazioni visive, sonore e olfattive assolutamente uniche, ha portato alla realizzazione di ceramiche dal carattere multietnico, dato dalla somma dei colori della sua terra e del suo vissuto newyorchese.