Elena Cattaneo
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3 musei nel Midi francese

Arles, Tolosa e Lione sono le città che ho unito in un viaggio circolare e che qui connetto per la qualità, intesa anche come accoglienza, di tre musei di arte contemporanea

Consuetudine diffusa, in viaggio, visitare uno o più musei come prima tappa di avvicinamento a una città che si conosce poco. Come se il museo fosse l’anticamera di un appartamento dove si entra per la prima volta o dove si torna dopo tanto tempo, quindi con rispetto e forse anche un po’ di timidezza. Per me, almeno, questo è il senso di visitare un museo quando arrivo in una città. Durante un viaggio itinerante di qualche mese fa, ho percorso il Midi francese disegnando una sorta di ellisse, attraversando prima la Provenza, per poi svoltare a Tolosa e tornare verso il Nord Italia lungo il fiume Dordogne.

Tra strade semideserte (era inverno), immensi orizzonti, fiumi, paludi, spiagge e poi borghi arroccati e castelli medievali (solo nella zona del Périgord ce ne sono più di 1.000, contando anche i ruderi ovviamente), Arles, Tolosa e Lione le città in cui mi sono fermata e che mi hanno accolto, anche, grazie a 3 interessanti musei. Diversi tra loro, ma simili per il senso di accoglienza, la proposta variegata, i diversi punti di sosta o di intrattenimento dove fermarsi anche solo per guardarsi intorno o per osservare la città da un angolo leggermente riparato e ritirato, quello di chi si leva le scarpe prima di entrare in soggiorno.

  1. Luma Arles
  2. Les Abbattoirs a Tolosa
  3. Musée des Conflunces a Lione

luma arles

“Il 2024 è un anno speciale per LUMA e rappresenta una pietra miliare nella sua storia. È stato nel 2004 a Zurigo, al ritorno da un lungo soggiorno negli Stati Uniti, che ho creato la LUMA Foundation, per riunire i miei numerosi sforzi e interessi nei campi dell’arte, dell’ambiente e dei diritti umani, con la speranza che un nuovo secolo potesse aprire nuove possibilità.”

Maja Hoffmann, fondatrice e presidente della Fondazione LUMA

In seguito alla nascita della LUMA Foundation, in Svizzera, nel 2013 Maja Hoffmann ha lanciato LUMA Arles, un campus creativo interdisciplinare dove, attraverso mostre, conferenze, spettacoli dal vivo, architettura e design, pensatori, artisti, ricercatori e scienziati esplorano il rapporto tra arte, cultura, ambiente, diritti umani e ricerca. Dalla sua nascita, LUMA Arles ha commissionato e presentato il lavoro di più di 100 artisti, pensatori e innovatori in diverse sedi della città di Arles. Il passo seguente è stata l’idea di riunire le iniziative in un unico luogo: è sorto, così, su un sito di 11 ettari, originariamente gestito dalla società delle ferrovie francesi, il Parc des Ateliers, che comprende la Torre progettata da Frank Gehry e 7 ex fabbriche patrimonio industriale del XIXᵉ secolo.

Ho letto e ascoltato, come spesso accade, pareri molto discordi su questo museo. Arles è una città che fa innamorare di sé, fin dai primi passi, per la sua relazione con la storia, per quell’atmosfera pigra, anche un po’ lasciata andare. Cosa ci dice, quindi, una torre specchiata e stropicciata che si eleva a un’altezza, se si vuole, inutile sulla piana della città? Ricordiamoci, però, che il fascino di Arles sia anche quello di tenere insieme il suo languido romanticismo con la voglia di guardare oltre gli stereotipi e di farsi guardare, espresse così bene nei due mesi di esposizioni fotografiche del festival diffuso Rencontres d’Arles, che in estate, dal 1969, assegna alla città il titolo di capitale mondiale della fotografia contemporanea. Come sempre, quindi, il bello è scoprire le tante anime di un luogo.

È una di queste anime che mi è venuta incontro già dal parcheggio del LUMA, con una segnaletica colorata e chiarissima, che invita ad avvicinarsi alla Torre attraverso sentieri circondati da verde e da sculture open air. All’ingresso, poi, un banchetto dove una ragazza disponibile e accogliente offre informazioni a chi entra. Sono dettagli, ma nell’insieme creano quello che sono convinta faccia di un museo un luogo di scambio di cultura contemporaneo. Come prima cosa noi siamo saliti fino alla terrazza superiore da dove, proprio grazie all’altezza, si gode di un punto di vista unico e nuovo dell’intera città, che mai prima sarebbe stato possibile. La Torre di Gehry è un regalo per chi ama Arles, permette di abbracciarla tutta insieme con uno sguardo.

Les Abattoirs, Tolosa

Inaugurato nel 2000 in un edificio storico del XIX° secolo (l’ex mattatoio) sulla riva sinistra della Garonna, Les Abbattoirs è un’istituzione unica nel suo genere, nata dalla fusione del Museo di Arte Moderna e Contemporanea, La Città di Tolosa e il Ministero della Cultura. Lo spazio riunisce collezioni permanenti, una biblioteca, una galleria pubblica, laboratori, un auditorium, una libreria e un ristorante, ma non solo: diffonde le collezioni dell’istituzione e le produzioni degli artisti in tutta la regione Occitania, in collaborazione diretta con gli attori locali. Il museo si trova nel quartiere di Saint-Cyprien, uno dei più antichi della città, che oggi si caratterizza per la sua anima popolare, cosmopolita e culturalmente vivace.

Ho visitato il museo negli ultimi giorni del 2023 e ho goduto, soprattutto, di una bella mostra sul lavoro e la vita di Giacometti. Godibile grazie, anche, agli spazi ampi e disposti su livelli diversi che offrono la possibilità di guardare le opere esposte da punti di vista molto diversi tra loro. Tra le esposizioni principali visitabili adesso (fino al 10 novembre 2024), Július Koler – J.K. Ping-Pong Club (U.F.O.). Si tratta di un’installazione del 1970 dell’artista slovacco che è, allo stesso tempo, un oggetto e un’azione artistica sotto forma di una tavola da ping-pong. Il J.K. Ping-Pong Club rivive a Les Abattoirs, trasformando per alcuni mesi le sale espositive in un club sportivo fittizio in cui il pubblico è invitato a giocare.

Musée des Confluences, Lione

Situato alla confluenza dei fiumi Rodano e Saona, nel cuore di un’architettura concepita come luogo di incontro, il Musée des Confluences affronta la complessità del nostro mondo attraverso grandi questioni universali come l’origine e il futuro dell’umanità e la diversità delle culture e delle società. L’offerta, in breve, comprende 4 mostre dall’approccio interdisciplinare con l’obiettivo di risvegliare la nostra curiosità e cercare la conoscenza, attraverso l’emozione e la meraviglia. Il museo, inoltre, è l’erede di collezioni che abbracciano cinque secoli di storia: i 3,5 milioni di oggetti ospitati costituiscono una parte importante delle collezioni pubbliche francesi di scienze naturali e umane.

A dicembre, o forse erano i primi giorni di gennaio, ho avuto il piacere di visitare À nos amours, un’indagine dei delicati territori amorosi, di cui ho scritto qui. Oggi mi piacerebbe visitare la mostra aperta fino al 27 aprile 2025 En forêt del fotografo e regista Vincent Munier.

Dal tramonto all’alba, la foresta è lo scenario di un’abbondanza di vita. Vincent Munier è un fotografo e regista che ama la natura selvaggia e che fin da bambino si aggira per le foreste francesi, in particolare quelle dei Vosgi. Con questa mostra ci accompagna in un viaggio visivo e sonoro in un mondo naturale apparentemente familiare, ma spesso poco conosciuto. Cervi, gufi, linci, galli cedroni, picchi neri… le immagini fisse e in movimento rivelano la fauna che popola le foreste, invitandoci a osservare, come se fossimo di vedetta, per meglio meravigliarci di questo universo grandioso e minacciato.