Le finestre di Berlino
Grazie allo sguardo di Cesare Marino, Berlino ci viene incontro su Instagram con le facciate dei suoi condomini razionalisti, le sue finestre regolari e timidi dettagli di umanità
Per un po’ di mesi ho apprezzato le foto dell’account Quinlan65 che vedevo scorrere sulla timeline di Instagram senza farmi troppe domande, così come succede quasi sempre con i social, mi compariva una foto di un’architettura, sempre con qualche finestra e mettevo like. Punto. Poi hanno cominciato a colpirmi i dettagli, un’ombra, la ruota di una bicicletta, i colori pastello dei palazzi. In un momento di pausa sono andata a vedere il profilo e ho scoperto che dietro il nickname Quinlan65 c’era un nome italiano. Curiosità: cosa ci fa Cesare Marino a Berlino? Così è cominciata la nostra conversazione telefonica.
“Sono in Germania da tre anni e mezzo, decisione che ho preso troppo tardi – mi dice quasi sussurrando a sé stesso Cesare Marino. – Sono calabrese, mio padre era commercialista, primo figlio maschio di tre fratelli… avevo il destino segnato. Così ho fatto il commercialista e mi sono occupato di questioni condominiali per 25 anni. Detestando il mio lavoro. Poi, come a volte accade, un evento tragico ha travolto la mia vita e la mia famiglia e le priorità sono definitivamente cambiate. Non è stato un processo immediato, ma alla fine sono riuscito a lasciare un lavoro e un luogo in cui non mi riconoscevo più e a ripartire da qui.”
Com’è nato Quinlan65
Cesare racconta che ha usato la macchina fotografica per puro piacere da sempre, una passione silenziosa. Con il diffondersi dei social, ha cominciato a condividere su Instagram le sue fotografie: fin da subito particolari di facciate di palazzi, di Cosenza e di Roma, le città che frequentava di più. Poi, un giorno, una persona l’ha contattato proponendogli di esporre le sue foto durante una mostra a Roma: da quel momento ha capito che avrebbe potuto trasformare la passione in un lavoro. Un lavoro lo è diventato, a Berlino in una società che si occupa di fotografia sportiva. Ma non solo, la fotografia è diventata anche fonte di gratificazione, un piccolo grande punto di forza da cui ripartire (tra i lavori più importanti c’è stata la copertina di un libro Feltrinelli: “Liberi dal male. Il virus e l’infezione della democrazia” di Ezio Mauro).
Le finestre…
“Sono un autodidatta, non credo di possedere una grande tecnica, le cose che so della fotografia me le ha insegnate mio padre quando ero bambino. Credo, però, di essere bravo a tagliare le immagini. Quando guardo un palazzo, so già come sarà la mia fotografia, quali dettagli entreranno e quali eliminerò dall’inquadratura finale. Ho quasi più un’attitudine grafica, bidimensionale, rispetto alle architetture tridimensionali che mi trovo davanti.”
… e poi c’è Berlino
Ho chiesto a Cesare se non sentisse la mancanza dei palazzi storici italiani e mi ha spiegato che, anzi, è proprio qui a Berlino che ha affinato il suo occhio. Quello che gli interessa, infatti, sono le linee rette, quelle finestre né antiche né moderne, diciamo tipiche delle facciate anonime, molto comuni in effetti nella città tedesca così ricca di architettura razionalista e sovietica. Poi una battuta alla Woody Allen che, per un istante, mi ha spiazzato:
“l’unico problema di Berlino – dice Cesare – è che c’è troppa natura. Non riesco a inquadrare un gruppo di finestre, senza che nell’obiettivo si infili un albero, una siepe o un cespuglio. In fondo, sono un uomo urbano.”
La telefonata si conclude con alcune considerazioni del fotografo sulla città che lo ha accolto ormai da qualche anno e mi spiega come per lui sia importante camminare per strada e incontrare persone sorridenti. Cosa rara in Italia, secondo Cesare.
Infine, per chi fosse attirato dall’idea dell’espatrio, un suo suggerimento: prima di trasferirsi ha studiato, pagina dopo pagina, la guida “Tutti a Berlino. Guida pratica per italiani in fuga” (di Simone Buttazzi e Gabriella Di Cagno) un vero e proprio manuale di sopravvivenza per gli italiani interessati alla capitale tedesca, una sorta di iniziazione, ma soprattutto un antidoto ai tanti luoghi comuni.
P.S.
– ma… come mai Quinlan65?
– Il nick viene dal titolo di un famoso film di Orson Welles, ‘L’infernale Quinlan’, che io amo e che contiene, nella scena iniziale, uno dei più celebri piano-sequenza della storia del cinema… ma non chiedermi perché lo abbia scelto, in realtà non lo so.