Elena Cattaneo

7 ceramiste si raccontano

Diverse per paese d’origine, linguaggio espressivo, metodo di lavoro, ma unite da una passione: la ceramica. Le loro parole svelano progetti, laboratori e sogni

Nel 2019 avevo scritto di Noa Razer, una giovane ceramista israeliana i cui lavori mi avevano colpito su Instagram. A dicembre l’avevo incontrata a Jaffa, Tel Aviv, e mi aveva detto che era molto emozionata perché aveva deciso di partecipare alla Design Week di Milano, nel 2020. Tutto, poi, come sappiamo è cambiato e quella Design Week è saltata. Seguo ancora Noa e sono felice di aver visto proseguire e crescere la sua attività, mantenendo il suo stile, il suo linguaggio. Forse è proprio l’unicità e la diversità dei  linguaggi che mi ha spinto a raccogliere qui altre 7 realtà legate al mondo della ceramica e farmi raccontare come hanno cominciato a fare del lavoro artigianale una professione. Sono tutte donne, perché ho deciso così.

studio cotta

La foto di copertina (di Shalev Ariel) è dello Studio Cotta, comincio con loro sia per il fil rouge geografico che le unisce a Noa Razer, sia perché quest’anno hanno partecipato a Edit Napoli (11-13 ottobre 2024). Lo studio di Avia & Aviv, a Tel Aviv, è stato fondato un anno fa dopo essersi laureate alla Bezalel Academy of Art and Design e ottenuto la borsa di studio presso la Benyamini Contemporary Ceramics Gallery. Questo il loro racconto:

“Ogni pezzo che produciamo è impregnato di forti valori di design, sia che serva a uno scopo pratico sia che spinga i confini verso ciò che la ceramica può raggiungere. Radicato nel minimalismo, il nostro lavoro lascia sempre spazio all’inaspettato. Abbiamo una produzione regolare, facciamo continua ricerca per creare nuove collezioni che, quest’anno, siamo state entusiaste di presentare a Edit Napoli.”

arianna de luca

Lo studio-laboratorio di Arianna De Luca è a Roma. Si è avvicinata alla ceramica nel 2017, senza obiettivi precisi, e dal 2020 è diventata la sua professione. Mi racconta di giornate di lavoro molto variegate: alcune dedicate alla produzione, altre alla confezione e alla logistica, altre ancora alla ricerca e allo sviluppo di nuovi concept.

“Prima di diventare ceramista avevo sempre lavorato come product e interior designer, ma iniziavo a sentire l’urgenza di approfondire il ciclo di produzione, quindi di non fermarmi al disegno degli oggetti. In quel periodo ero rientrata in Italia dopo 10 anni all’estero, stavo ricominciando un po’ da zero e, mentre cercavo di capire che strada prendere, mi sono fermata per qualche mese in Abruzzo a pochi chilometri da Castelli: mi è sembrata la giusta occasione per sfruttare quel tempo libero e imparare a lavorare la ceramica. Ho iniziato, così, a frequentare la bottega di Nino Di Simone e suo figlio e con loro ho mosso i primi passi in questo nuovo mondo.”

ilaria bianchi

Temperanza è il nome del progetto attraverso il quale Ilaria Bianchi esplora le contaminazioni tra ceramica, pittura, tessitura intese come pratiche artigianali intime e collettive, e la loro connessione con il femminismo e la magia. La ricerca di Ilaria parte da una matrice psico-archeologica alla ricerca di un’impulso creativo originario e istintivo.  Il suo interesse si focalizza su simboli, archetipi, arcani e i valori positivi oerti dai sistemi matriarcali, come la delicatezza, la cura e la rabbia.

Temperanza prende il nome dalla carta dei Tarocchi n° 14: attraverso l’utilizzo della numerologia si può dedurre il proprio arcano-guida dell’anno e nel 2020 (l’anno in cui ho preso sul serio la mia sperimentazione con la ceramica), la Temperanza è risultata la mia carta. Per quanto riguarda la ceramica, mi muovo ancora con mente/corpo da progettista, dunque dal punto di vista di sviluppo tecnico collaboro spesso con abili mani artigiane, come è stato nel 2020-22 con Franco Fasano, o con Caterina Amato per quest’ultima collezione. La ceramica è un mondo estremamente tecnico e complesso, e mi piace contornarmi di persone più brave di me. Di mestiere ho scelto il design, materia che mi ossessiona e che declino in varie forme: tutto per me è un rebus da risolvere trovando un linguaggio diverso, ma ogni volta coerente.

Qué Rico

Le creazioni in ceramica di Josephine Coelembier creano un ponte immaginario e anche inaspettato tra Belgio e Spagna. Josephine, di origine belga, è cresciuta in una famiglia di imprenditori creativi, dove ha condiviso con il fratello la passione del disegno fin da bambini. Lui ha creato uno studio di experience design, Slinky Spaces, lei ha scelto la ceramica creando il marchio Qué Rico perché vissuta come un’estensione naturale della sua educazione (i genitori possiedono Pomme pidou, azienda nota per i coloratissimi animali in ceramica). E la Spagna quando e come arriva?

“Dopo aver studiato linguistica applicata in spagnolo e inglese, nel 2017 mi sono trasferita a Valencia e, quasi subito, innamorata della Spagna, del suo clima, della cultura vivace e dell’estetica solare. Quando sono tornata a casa, ho sentito la mancanza di quel calore ed è stato per me necessario dare vita al progetto Qué Rico. Sono stata supportata fin da subito dalla mia famiglia e, in particolare, da mio padre che mi ha incoraggiato a fare il salto di qualità. Le mie giornate di lavoro sono spesso dedicate a schizzi di nuove idee, ricerche e collaborazioni con artigiani e fornitori per dare vita ai miei progetti. È un mix di esplorazione creativa e lavoro pratico per garantire che tutto rifletta la mia visione originale.”

magda masano

Nasce a Catania dalla testa e dalle mani della designer Magda Masano il marchio Folk, in origine come costola dell’azienda di famiglia Masano Marmi per poi, dal 2011, diventare un progetto indipendente. Nel 2015 Folk trova anche il suo spazio indipendente: viene, infatti, inaugurato il concept store di via San Mi- chele in centro a Catania, oggi luogo di esposizione e conversazione che ospita anche mostre, workshop e opere di altri designer e artigiani. Il brand di complementi d’arredo in ceramica, pietra lavica e marmo, che innesta nel presente tradizioni e memorie personali e collettive, ha raggiunto Palremo con un corner alla Rinascente, e i negozi Coin di Roma e Catania.

“Chi sono. Più vado avanti e più confermo che le etichette non fanno per me: sono architetta e artigiana, ceramista e interior designer, sono una sperimentatrice in questo momento all’opera con la stampa 3D e sono un pochino artista solo per me stessa. Ho iniziato a fare amicizia con la ceramica 15 anni fa: la curiosità di sperimentare, imparare una nuova tecnica che mi ha conquistato e da hobby è diventata un bel segmento del mio lavoro. Non ho maestri, come per tutte le mie passioni, sono un’autodidatta che prende un argomento, lo studia, lo smonta e lo rimonta, finché non diventa mio.”

milena berta

Artista e scultrice, Milena Berta utilizza la pietra come mezzo per affrontare il concetto di mutamento e trasformazione della materia, rendendola più morbida e fluida, come se stesse perdendo la sua identità statica. Nell’ultimo anno, seguendo una spinta interiore indirizzata al cambiamento, si è dedicata alla lavorazione dell’argilla e alla creazione di oggetti in ceramica. Come per la pietra, le forme che indaga sono instabili, sembrano sciogliersi e colare. Grazie all’incontro con Michele Rota, dello storico studio di ceramica artigianale Rota di Lovere, Milena è riuscita a tradurre la sua visione in un progetto concreto: Chromatica.

“Le mie giornate di lavoro variano a seconda del progetto da realizzare. Nel mio home studio, sviluppo principalmente la fase di progettazione e quella più pratica, come la modellazione dell’argilla, l’intaglio del legno e la realizzazione di piccole stampe calcografiche o in linoleum. La lavorazione della pietra, invece, richiede spazi differenti, per cui ho un altro studio dedicato. In studio non sono mai sola, condivido gran parte del tempo e delle progettualità con il mio compagno Alessandro Pedretti, musicista e sound designer. In parallelo alla mia ricerca plastica della materia, infatti, c’è una continua esplorazione e confronto tra la parte visiva e tattile e la potenzialità sonora della materia.”

lucia zamberletti

Il percorso professionale di Lucia Zamberletti è partito dalla moda, come consulente freelance, per incontrare la strada della ceramica grazie alla zia Giovanna Zighetti, ceramista da oltre trent’anni e sua unica maestra. La frequentazione del suo laboratorio ha dato a Lucia le basi per trovare un percorso personale, fatto di sperimentazione e istinto, libero da proiezioni, giudizi e aspettative. Oggi Lucia lavora da sola, ma spera in futuro di poter avviare delle collaborazioni con altre ceramiste/i. Le sue collezioni “Bloomen” e “Funghi” sono rappresentate e vendute da Thrown Contemporary, Artemest e Philia.

“I miei pezzi sono ispirati alla natura che contemplo costantemente, trasformo le impressioni che mi lascia manipolando la terra: alcuni pezzi richiedono giorni di lavorazione, altri nascono in poche ore, certi vengono cotti più volte mentre altri solamente una. I contrasti convivono nelle mie sculture: superfici lisce omogenee e vetrificate sono accostate ad altre ruvide, materiche e grezze; volumi geometrici convivono con forme organiche e quasi incomplete; colori brillanti, lucidi e intensi sono “combinati” con altri opachi, trasparenti, mossi.”