Hai già trovato il tuo calendario?
Quattro interviste a illustratori e designer che hanno dedicato un progetto al calendario, oggetto semplice e fugace, per molti utile, ma per tutti a durata limitata.
Mi piacciono gli oggetti anonimi, pensandoci bene sono fortemente attratta dall’anonimato. In diverse occasioni della vita mi sono immaginata partire, lasciarmi tutto dietro le spalle senza dire niente a nessuno e ricominciare in un posto sconosciuto, in una casa sconosciuta, in un quartiere anonimo di chissà quale città. Magari anche con un nome diverso, per diventare anche io anonima. Almeno a me stessa.
Di solito, il concetto di anonimo collegato a un oggetto, a una casa o a una città, ha quasi sempre un’accezione negativa, o al limite non positiva. È il contrario di ‘personalizzato’, aggettivo talmente usato nel mondo del design e dell’arredamento da diventare abusato.
Io non riesco a vedere bruttura nel termine anonimo, anzi, ne respiro una sensazione vertiginosa, ribelle.
Ecco, trovo che gli oggetti anonimi siano dei ribelli nei confronti delle cosiddette ‘icone’, quei poveri pezzi così giudicati, visti, studiati, vivisezionati, da non poter passare mai inosservati. Passare inosservati, invece, oggi forse è il vero lusso.
Il calendario, a mio avviso, è un oggetto anonimo e fugace insieme. Ci sono calendari illustrati con le foto di grandi artisti o progettati da maestri del design, certo, ma di sicuro non ci ricordiamo di loro (i fotografi e i designer) per un calendario. Una lampada forse, una mostra, una sedia, magari anche un bollitore, ma non un calendario che ha una durata nel tempo limitata.
Il calendario non arreda, occupa al massimo una porzione di parete in casa, quasi sempre della cucina dove deve sapersi mimetizzare. Deve essere utile al momento giusto, ma poi tornare velocemente nell’anonimato e lasciar parlare stampe, quadri, fotografie, disegni dei bambini e tutto ciò che è intorno e continuerà ad essere anche dopo di lui.
Eppure c’è chi il calendario lo disegna, lo progetta, crea una storia lunga un anno, magari sforzandosi anche di immaginare il preciso istante in cui le persone lo sfogliano passando da un mese all’altro.
Ecco, mi è piaciuto poter dare una voce, anche se piccola, a qualcuno di questi calendari grazie a una rubrica uscita su Casa Facile di dicembre e, qui, voglio allargare un pochino il tono di questa voce e lasciare libertà di parola ai loro creatori che hanno avuto la pazienza di rispondere alle mie domande.
D. Un calendario è un oggetto apparentemente semplice, ma davvero quotidiano. Accompagna la vita di casa tutto l’anno, giorno dopo giorno. Come affronti un progetto lungo 365 giorni e 12 mesi?
Gianfranco Setzu: di solito parto sempre dall’idea di accompagnare senza imporre, con delicatezza. Scelgo un tema che sia di ispirazione per la vita di tutti i giorni, semplice e diretto, possibilmente giocoso e stimolante. Il tema di quest’anno è arrivato pensando a come, nel mio quotidiano, desidero essere di minimo impatto, con intelligenza, non parlando solo di rifiuti, ma invece di natura. Nelle illustrazioni, infatti, ho abbinato 12 piante a 12 bottiglie di plastica da mezzo litro: il suggerimento è quello di riutilizzare le bottiglie come piccoli vasi. Anonimi ed ecologici.
Alice Pasinetti: il tema del calendario è sempre molto difficile a mio parere, perché ognuno di noi vive i mesi e le stagioni in modo individuale, io per il 2020 ho cercato di rappresentare situazioni in base a ricordi dell’infanzia legati alla natura, alle vacanze in famiglia, a gesti semplici. Per sottolineare il senso dei ricordi, ho realizzato le illustrazioni ad acquerello.
Fabio Meroni: il calendario, pur essendo “un progetto lungo 365 giorni”, dal punto di vista grafico è un lavoro abbastanza semplice e veloce. Una volta stabilito un format la lavorazione è molto semplice, la forza del calendario sono le immagini, foto o illustrazioni. Se si mette in commercio un calendario dove le immagini sono realizzate ad hoc, si pensi per esempio al famosissimo Pirelli, o Lavazza, allora sì il lavoro del fotografo diventa complesso. Milan Icons utilizza illustrazioni che ha già prodotto nel corso degli anni ed è sufficiente sceglierne 12.
Elena Pedroli: il motivo per cui da quattro anni realizzo un calendario illustrato è proprio per questo “accompagnare la vita di tutto l’anno”. Quello che conta è la sua dimensione famigliare, scegliere la propria immagine preferita, pianificare insieme le vacanze e scrivere i compleanni. È bellissimo sapere che il mio calendario illustrato entra nella quotidianità delle altre famiglie, in case diverse di tante città e paesi, alcune volte addirittura continenti. Molti contano su di me per Natale, viene regalato moltissimo e a persone di ogni età, spesso ricevo le foto della stanza in cui è stato appeso, stories su Instagram e messaggi di sorpresa nel trovarlo a casa di altri amici.
D. Il tema che lo caratterizza per te è più legato a una grafica o a una storia da raccontare?
Gianfranco Setzu: A una storia da raccontare! Assolutamente, il design, come la grafica, o la moda, non ha senso se fine a sé stessa. In relazione alla mia storia, cerco il modo grafico che maggiormente esalti l’idea che voglio esprimere.
Alice Pasinetti: per me il tema che lo definisce è legato a una storia in cui una persona (spero) possa ritrovarsi.
Fabio Meroni: il tema dominante di Milan Icons è la città di Milano, è questa la nostra storia, il nostro racconto. La nostra specializzazione è la rappresentazione iconografica dei simboli milanesi, soprattutto architettonici, ma illustriamo anche il design e la sostenibilità, privilegiando le illustrazioni di tram e biciclette, che raccontano una storia eco, come la scelta dei nostri tessuti, tutti in cotone biologico certificato. Stiamo molto attenti anche a utilizzare pochissimo la plastica, i calendari per esempio nell’ultima edizione erano impacchettati con il cellophane, quest’anno abbiamo deciso di presentarli senza confezione.
Elena Pedroli: trovo che il calendario sia un supporto adatto alle mie illustrazioni, anche se a volte trovare un tema forte e una sequenza che funzioni per 12 tavole non è facile. È un progetto molto lungo: comincia dall’idea di un tema (forse la parte più difficile), poi inizio con le bozze, per passare alle illustrazioni definitive, all’impaginazione dei mesi e alla prima prova di stampa. Ogni fase richiede tempo e attenzione, un anno impaginando i giorni mi sono accorta che ne mancava uno… proprio quello del mio compleanno! Durante questo processo per me è importante confrontarmi con altri perché, nel mio lavoro, è facile innamorarsi di una illustrazione che a volte però non funziona, solo un continuo scambio di idee mi permette di raggiungere un risultato soddisfacente. Non so come definire il tema che caratterizza ogni calendario, per ora non è mai stato né una scelta puramente estetica né una vera e propria storia. Quest’anno ho realizzato una serie di 12 illustrazioni che insieme costruiscono un racconto, ma in realtà potrebbero funzionare anche singolarmente. La mia sfida sta proprio nel trovare un tema che non sia ridondante, in modo che non stufi e a metà anno e non si abbia l’impressione di averlo già visto tutto. In questi anni, poi, oltre al tema ho sperimentato tecniche diverse come il digitale, le matite colorate e l’unione di fotografia e illustrazione digitale.
D. Quando lo disegni ti immagini mai il gesto delle persone che passano da un mese all’altro, sfogliandolo? E cerchi di immaginare le loro reazioni?
Gianfranco Setzu: Sì!!! È una mia ossessione, la così detta ‘user experience’ è profondamente importante in tutti i miei progetti. Nel calendario ho immaginato che ogni mese la bottiglia di plastica e la piantina dentro cambino e stimolino la curiosità sull’origine di quella pianta o sul modello di bottiglia. Ho inserito, poi, una riga in basso con icone tipo emoji, da segnare, per avere un appunto visivo; infine, ho creato degli spazi per i giorni grandi , da poter colorare o segnare. Mi piacerebbe, insomma, che il mio calendario potesse accompagnare non solo un anno, ma lasciare segni e ricordi come una sorta di diario minimo.
Alice Pasinetti: Sì! Mi piace pensare, per esempio, che anche se è una brutta giornata, una persona sfogliandolo si tranquillizzi.
Fabio Meroni: questa domanda è molto bella e suggerisce un tocco di poesia e di intimità in cui, effettivamente, il calendario si presta molto bene, essendo il tempo (un anno) molto personale e completamente diverso da una persona all’altra. Il nostro approccio con i mesi l’abbiamo connotato nella scelta dei colori, che variano di stagione in stagione. E quest’anno abbiamo pensato di chiudere con il Duomo, simbolo privilegiato del mese di dicembre.
Elena Pedroli: solitamente non ho un’aspettativa precisa, anzi la cosa che mi piace di più è proprio l’imprevedibilità delle reazioni. Quest’anno avendo illustrato dei personaggi e degli oggetti di uso quotidiano mi piace moltissimo vedere come ognuno, sfogliando le pagine, ritrovi sé stesso… il proprio gatto, gli sci, il suo sport preferito. È un lavoro lungo, ma a me regala grandi soddisfazioni, l’entusiasmo di amici e clienti sono una meravigliosa ricompensa, specialmente quando apprezzano l’illustrazione del mese del proprio compleanno!
A questo punto, a me personalmente verrebbe voglia di avere un potere da super eroe che dia la possibilità di ascoltare l’origine di ogni calendario d’autore, il racconto della scintilla iniziale di un percorso creativo della durata di 12 mesi e a disposizione di chiunque lo voglia, giorno dopo giorno. Buon 2020 in anticipo a tutti!
P.S. E grazie a Gianfranco Setzu per l’illustrazione di copertina.